Il futuro di una nazione dipende da molti aspetti che quasi mai sono fortuiti. La crescita e lo sviluppo devono essere pianificati e devono essere ben valutati i campi e le modalità di intervento. La ricerca è sicuramente uno di questi campi; non importa che essa sia in campo medico o ingegneristico, l’importante è lo stimolo che viene dato ed i vantaggi che ne derivano. E quindi occorre ben analizzare ed intuire preventivamente gli sbocchi che possono derivare dal finanziare un tipo di ricerca piuttosto che un’altra. Ed anche in questo campo, quello della ricerca, il Brasile si trova ai vertici mondiali forte della lungimiranza nel valutare gli investimenti da farsi ed i potenziali ritorni economici.
Proponiamo un articolo apparso sul Corriere della Sera di Sabato 7 Agosto 2010, articolo di Giuseppe Remuzzi:
Austria e Danimarca alla ricerca danno il 2,5% del PIL. Cina, India e Corea del Sud ancora di più, noi appena l’1,8% come gli anni scorsi. Perché? Adesso c’è crisi piuttosto che tagliare stipendi e ricorrere alla cassa integrazione meglio frenare sulla ricerca. E se fosse proprio la ricerca a farci uscire dalla crisi? Quello che è successo in Brasile insegna molte cose.
Era il 1997 e due scienziati un po’ avventurosi si erano messi in testa di fare qualcosa di grande per il loro Paese. Volevano sequenziare il genoma. “Siamo troppo indietro, non ci riusciremo mai”, dicevano i più saggi, quelli della vecchia guardia. Invece, alla fine, i due Fernando – Peres e Reinach – hanno vinto. L’agenzia del governo per la ricerca (la guidava proprio Peres ) ha destinato 12 milioni di dollari dell’epoca a un progetto solo: sequenziare il genoma di un parassita degli agrumi. In tre anni il lavoro è finito, va su “Nature”, perfino la copertina. La “Xylella fastidiosa” ora ha meno segreti e il Brasile ha 100 giovani studiosi in 35 laboratori che ormai di genoma ci capiscono. Hanno già sequenziato anche il genoma della canna da zucchero, e partecipano ad un progetto che catalogherà i geni del cancro.